SCACCHIERA

 


LIBRO QUARTO


Il Libro Quarto, "Gli anni del Big-Bang: 1957-1966", descrive un decennio cruciale per l'architettura moderna, in cui si assiste a una vera e propria esplosione di idee e a un cambiamento radicale delle pratiche e dei linguaggi architettonici. Questo periodo è caratterizzato da sperimentazioni audaci e dall'introduzione di nuovi materiali e tecnologie, con architetti che cercano soluzioni innovative per affrontare la crescente urbanizzazione e l’evoluzione delle esigenze sociali.

 

Uno degli aspetti più influenti di questo periodo è la diffusione della cultura Pop, che comincia a influenzare anche l'architettura. Le forme architettoniche diventano più libere, colorate e giocose, ispirate dall’arte popolare e dai consumi di massa. La "Pop Art" in architettura rappresenta una rottura con la severità del modernismo e introduce nuovi approcci estetici e comunicativi, riflettendo un cambiamento nel rapporto tra edifici, città e persone.

 

Durante questi anni, molti architetti esplorano il concetto di "macrostruttura" – grandi sistemi architettonici pensati per rispondere alla complessità della vita moderna e adattarsi ai cambiamenti. Le macrostrutture riflettono una visione flessibile dell'urbanistica e cercano di rispondere ai problemi di sovraffollamento delle città. È in questo contesto che si inserisce l’opera di Moshe Safdie, che sperimenta una tipologia innovativa di residenza urbana. Il suo progetto Habitat 67 per l’Esposizione Universale di Montréal del 1967 è una struttura modulare che utilizza unità prefabbricate in cemento per creare un ambiente abitativo denso ma vario, progettato per massimizzare la privacy e lo spazio verde. Habitat 67 rappresenta una delle prime risposte architettoniche al bisogno di densità abitativa nelle città, mantenendo al contempo qualità di vita elevate grazie all'uso di terrazze e spazi verdi integrati.

 

Un altro tema centrale è quello delle utopie architettoniche. Molti architetti dell'epoca, influenzati dalla tecnologia spaziale e dall’ottimismo scientifico, progettano città futuristiche che sfidano i limiti tradizionali. Archigram, un gruppo di architetti inglesi, sviluppa progetti visionari come città mobili, capsule abitative e strutture gonfiabili, sperimentando forme di abitare completamente nuove. Queste idee, sebbene difficili da realizzare, riflettono un cambiamento di mentalità che vede l’architettura come strumento di trasformazione sociale.

 

Negli anni del Big Bang, la disponibilità di nuovi materiali come la plastica e il vetroresina consente agli architetti di sperimentare forme leggere e trasparenti, portando alla realizzazione di edifici più leggeri e modulari. La tecnologia influenza anche il design degli edifici, con strutture sempre più audaci e forme fluide che richiamano il dinamismo della vita moderna. La modularità, resa possibile dalla prefabbricazione e dai nuovi materiali, diventa una caratteristica distintiva dei progetti dell'epoca, come mostrato nelle opere di Safdie e nelle sperimentazioni urbane di Archigram.

 

Il Libro Quarto descrive un decennio di intensa innovazione e creatività, in cui l'architettura tenta di adattarsi ai cambiamenti culturali e tecnologici del dopoguerra. La visione utopica, l'influenza della cultura Pop e l'uso di materiali innovativi caratterizzano un periodo di trasformazioni che spinge l'architettura verso una nuova era di flessibilità e interazione con l'ambiente urbano. Moshe Safdie, con il suo Habitat 67, incarna lo spirito sperimentale di questi anni, proponendo soluzioni abitative flessibili e integrate che influenzeranno le future generazioni di architetti.





LIBRO SESTO

Il Libro Sesto, intitolato "Gli anni dei contesti e dei palinsesti 1978-1987," analizza l'evoluzione dell'architettura negli anni Ottanta, un periodo in cui la consapevolezza dei limiti urbani e ambientali diventa centrale. Questo decennio rappresenta una svolta dalla crescita espansiva alla valorizzazione del contesto e delle risorse già esistenti, spostando l'attenzione sull'integrazione con l'ambiente e sulla sostenibilità.


Il capitolo iniziale esplora come la città diventi un palinsesto di stratificazioni storiche e culturali, in cui ogni nuova architettura deve dialogare con le preesistenze urbane. Roma è al centro di molte riflessioni: con la mostra “Roma Interrotta” del 1978, numerosi architetti reinterpretano la famosa Pianta di Nolli del 1748, esaltando la città come un complesso di frammenti storici interconnessi. Questa idea di stratificazione si diffonde anche in altre città, invitando a una progettazione che si integri rispettosamente con il contesto storico.


Un aspetto centrale del periodo è la filosofia del "non rimuovere ma affrontare," che implica il riconoscimento e l’integrazione degli elementi esistenti nel processo di progettazione. Peter Eisenman, tra i principali teorici di questo approccio, sviluppa una serie di progetti basati sul concetto di stratificazione e interpretazione critica del contesto. Egli considera le strutture esistenti come strati da rispettare e reinterpretare, piuttosto che elementi da eliminare. Questo atteggiamento riflette un’architettura che valorizza la memoria storica senza replicarla nostalgicamente.


Gli anni Ottanta vedono anche l’esplorazione dei cosiddetti “paesaggi residuali,” spazi urbani abbandonati o disorganizzati, spesso periferie trascurate che diventano luoghi di sperimentazione architettonica. Frank Gehry è uno dei pionieri di questa nuova sensibilità, trattando questi spazi come opportunità per creare nuove forme e significati. Gehry e altri architetti adottano un’estetica del frammento, in cui l’architettura si sviluppa per strati e si integra con il paesaggio urbano esistente.


Zaha Hadid, tra gli architetti più innovativi del periodo, introduce il concetto di “tessitura” architettonica. Nel suo lavoro, il paesaggio e l'architettura si fondono in un’unica entità che risponde alla conformazione naturale del sito. Questo approccio enfatizza una “nuova natura,” dove l’architettura non si impone sul paesaggio ma ne diventa una naturale estensione. L'idea di tessitura è un tentativo di creare una simbiosi tra costruito e naturale, concetto che diventerà centrale nella progettazione sostenibile degli anni successivi.


Infine, Colin Rowe e Fred Koetter nel loro libro “Collage City” propongono un’architettura che si avvale del metodo del collage, mescolando frammenti urbani di epoche e stili diversi. Questa visione si concretizza nel rione Monti di Roma, dove Rowe combina elementi storici con interventi moderni per creare un ambiente urbano che rispetta e arricchisce il contesto. Tale approccio riflette una sintesi di passato e presente, proponendo una città come entità viva e in continua evoluzione.

 

Il Libro Sesto illustra un decennio in cui l’architettura si trasforma da esercizio di stile a disciplina integrata nella vita urbana e nella storia, promuovendo una riflessione profonda sul significato del costruire in un mondo di risorse limitate e ambienti consolidati. Gli architetti sviluppano una nuova sensibilità per il contesto, esplorando soluzioni sostenibili e rispettose del paesaggio e della storia, anticipando così le sfide e le opportunità dell’architettura contemporanea.

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